lunedì 29 novembre 2010

emergenza incompresa

Chi afferma la fine dell’emergenza alluvione in Veneto mente pur non sapendo di mentire. Nel nostro paese perdura da tempo la perversa convinzione, non solo della classe politica ma della società in generale, di classificare l’importanza dei fatti solo in relazione della loro popolarità mediatica. Ne sono stato testimone io stesso che, pur abitando nelle vicinanze di Monteforte, Soave e San Bonifacio, i paesi del veronese più colpiti, ho appreso la tragica notizia degli avvenimenti del 1 e 2 novembre dai principali media nazionali. Dopo i primi giorni definiti dei “giornalisti spaventati” (termine usato molto efficacemente da Marco Paolini nel suo celebre spettacolo sul Vajont per definire i giornalisti paracadutati dalle redazioni nei luoghi delle catastrofi) scompare ogni traccia dell’emergenza veneta sulle prime dei media, evidentemente per lasciare spazio all’ormai nauseante servizio dall’esterno di casa Misseri o all’arrivo in ferrari di Ruby in discoteca. Ciò che non passa in televisione non esiste. L’emergenza veneto viene semplicemente considerata conclusa perché semplicemente non se ne parla; un fatto che perde popolarità mediatica perde rilevanza nell’agenda politica. A Monteforte, Soave e San Bonifacio la situazione è molto cambiata rispetto alle prime ore di emergenza ma restano irrimediabilmente moltissimi danni. Le perdite non colpiscono solo le case e i negozi, il mobilio o le macchine. I danni più gravi colpiscono aziende di ogni tipo e grado: le vere fonti di ricchezza della nostra terra. Un piccolo imprenditore titolare di un sistema di produzione “a tecnologia medio-alta” deve sostenere spese altissime per la bonifica dei macchinari. Sono altissimi i costi per costruire daccapo un allevamento. I trasferimenti degli organi statali e regionali sono insufficienti se non tempestivi: la maggior parte degli imprenditori hanno espresso la preoccupazione per il tempo necessario al risarcimento. La piccola-media impresa non dispone del credito delle grandi aziende o dei servizi agevolati presso gli istituti bancari elargiti con copiosa generosità ai “big” dell’industria. Il piccolo imprenditore trae la ricchezza dalla produzione ora irrimediabilmente compromessa; le aziende che bonificano i macchinari danneggiati esigono subito gli anticipi e poi il saldo a lavoro terminato. Lo stesso vale per l’acquisto dei macchinari. Riprendere subito l’attività è fondamentale per il rispetto degli ordini di produzione che significa vita per le imprese e per i rispettivi dipendenti. Per rialzarsi l’impresa veneta ha bisogno dei risarcimenti subito perché il ritardo dovuto a problemi di carattere burocratico o elettorale, può significare la morte per moltissime aziende. Una soluzione potrebbe essere costituita dalla garanzia dello Stato, della Regione o dell’Unione Europea per la copertura delle spese di bonifica o riacquisto dei beni produttivi. Così facendo le aziende potrebbero finalmente acquistare i beni per riattivare la produzione e rispettare gli ordini di consegna. I vantaggi fiscali o il congelamento delle addizionali non sono sufficienti in una realtà dove la ricchezza è dovuta all’operosità giornaliera ed al rispetto degli ordinativi a breve termine. Sembra che le istituzioni non abbiano capito la vera utilità dei trasferimenti d’emergenza: non quella di fare cassa al richiedente ma quella di permettere alle realtà produttive la ripresa della quotidianità.
Federico Maccadanza

lunedì 15 novembre 2010

Compagnie telefoniche

Cari amici de “Il Piave”, chi di voi non ha mai avuto qualche piccola discussione con qualche azienda di servizi? Chi di voi non ha mai avuto motivo di lamentela con una compagnia telefonica, con una società che gestisce l’acqua, con la società dell’energia elettrica o con addirittura la stessa banca per qualche voce incomprensibile di spesa presente sul resoconto bancario?

I dossier forniti da Federconsumatori sono allarmanti, in particolare quelli concernenti le telecomunicazioni; il tasto dolente per i consumatori sono i contratti telefonici (anzi le loro disdette) seguiti dai servizi e dai rapporti con le banche. Nella sola regione del Veneto su 3.403 pratiche istituite dalla Federconsumatori ben 1.122 riguardano problemi con enti di telefonia che hanno proposto agli utenti cambi di gestione. La fascia sociale che più rivolge alle associazioni dei consumatori sono i pensionati.

Ma come avviene il complesso meccanismo che “incastra” l’utente in un nuovo contratto telefonico?

Gli operatori telefonici contattano gli utenti telefonicamente proponendo loro il cambio di gestore, sciorinando dati. Per accettare all’utente basta un semplice “si”e si ritrova inevitabilmente con un nuovo contratto telefonico. In caso di recesso tuttavia l’utente è obbligato a spedire all’operatore telefonico una raccomandata con ricevuta di ritorno e poi attendere i tempi tecnici previsti. Una pratica che, di certo, non favorisce assolutamente l’utente. La possibilità di adottare, da parte delle compagnie, strategie di marketing al limite dell’illecito sottolinea ancora una volta la farraginosità legislativa e regolativa italiana; il dover ricorrere a chiamate defaticanti, invii di fax e raccomandate contro la semplice conferma orale per l’attivazione, indebolisce il soggetto economicamente più svantaggiato (l’utente). I consumatori si ritrovano sprovvisti di rimedi rapidi ed efficaci anche di fronte ad evidenti illeciti perpetrati dalle compagnie le quali, confidando nelle ovvie difficoltà burocratiche ed economiche dei soggetti “deboli”, continuano indisturbate nelle loro poco corrette attività. Un nodo assai problematico è rappresentato dall’inadeguatezza del normale ricorso agli organi competenti (AGCOM, Garante per la protezione dei dati personali, Tribunale e Procura della Repubblica) spesso caratterizzati sia da un certo immobilismo in materia sia dall’esagerata dilatazione temporale dei termini. In sostanza vi è una pletora di istituti giuridici poco adatti a fronteggiare problematiche tanto specifiche quanto camaleontiche; concepiti per altre situazioni e per la tutela di altri diritti, tali istituti non soddisfano le necessità di efficacia (per le irrisorie sanzioni) e speditezza (per l’eccessiva durata del procedimento di ricorso) che le fattispecie del caso richiedono. Una soluzione potrebbe essere costituita da un’autorità amministrativa indipendente con potere istruttorio e sanzionatorio caratterizzata da una certa flessibilità piuttosto che da un’ulteriore ricorso alla legificazione ordinaria. Concludendo occorre stabilire regole certe nella stipulazione dei contratti che diano finalmente al cittadino utente la possibilità di ricevere esclusivamente ciò che richiede permettendo a quest’ultimo di scegliere il contratto nella più completa trasparenza e consapevolezza.

Federico Maccadanza