
La piccola e media impresa italiana rappresenta il motore dell’economia italiana. Quante volte lo abbiamo sentito dagli esperti, dagli economisti, dai politici; eppure sui media si parla di crisi della produzione solo quando ciò riguarda grandi stabilimenti, grandi fabbriche, grandi imprenditori e grandi sindacati. Cosa ci ha insegnato la crisi internazionale? Molto poco se guardiamo le realtà regionali caratterizzate dalla piccola e media impresa. Già negli anni settanta il “sistema distretto” ha dimostrato la formula della sua validità; un modo di fare impresa che ancora oggi rappresenta un modello vincente per battere la concorrenza sempre più agguerrita che viene da Oriente.
Ma come può un sistema migliorare senza l’appoggio ed il sostegno delle istituzioni? Osservando i dati raccolti da Confcommercio del giugno 2009 vediamo che ben il 57% di un campione di piccoli imprenditori sostiene che la pressione fiscale è troppo elevata e non sostenibile; il 66% dello stesso campione sostiene che l’eccessiva pressione fiscale è dovuta ad un cattivo utilizzo di risorse pubbliche. Dai dati pubblicati sul sito www.pmi.it si precisa che i fattori che più incidono sulla competitività delle aziende sono, per il 75 % del campione, la pressione fiscale e, per il 61% dello stesso, l’eccessiva burocrazia (si precisa che gli intervistati avevano a disposizione più di una risposta). Dato più allarmante sta nella quantificazione della pressione fiscale; per il 65% delle piccole e medie imprese la pressione fiscale supera il 50% (fonte Confcommercio).
La particolarità delle pmi (piccole e medie imprese) sta nella loro capacità di coltivare il capitale umano, di accrescere la conoscenza e di conseguenza l’innovazione (quest’ultima ne rappresenta il vantaggio competitivo caratterizzante).
Da questo punto di vista le pmi ed il sistema distrettuale appaiono istituzioni da preservare e valorizzare; una pressione fiscale troppo elevata rischia di soffocare sul nascere le nuove pmi. Alle distorsioni del mercato locale si aggiungono quelle della crisi economica, del finanziamento “a pioggia” non mirato al sostegno di piani di medio e lungo periodo.
Una pubblica amministrazione “pesante” rischia di rallentare lo sviluppo aziendale; secondo il 59 % delle pmi le cause più frequenti della difficoltà di rapporto con la pubblica amministrazione hanno a che fare con il cambiamento continuo di norme e con la loro (alcune volte anche inutile) complessità. Il quadro che si profila osservando tali dati non è incoraggiante; la maggioranza degli italiani (e quindi la maggioranza del consenso politico) tende a focalizzare il sistema produttivo con quello della grande impresa. In realtà il passato ha già dimostrato che, in periodi difficili, caratterizzati ora più che mai dalla concorrenza spietata dei colossi orientali, il modello pmi tende ad assumere il vantaggio competitivo perchè basato sulla qualità e sull’innovazione.
La politica sembra non comprenderne l’importanza; l’elevata pressione fiscale per le aziende virtuose da una parte e il “perdono fiscale” per i cittadini meno onesti (campioni del motociclismo e del ciclismo a parte) non fanno che confermarlo.
In una recente intervista i vertici di Apindustria Verona Arturo Alberti e Fabio Coltri, in occasione del bilancio di fine anno 2009 dell’associazione, rivolgono un appello a tutti i politici che riassume quanto scritto fino ad ora: " Vengano a trovarci in azienda. Vengano a parlare con i dipendenti. Vengano a vedere qui sul campo cos’è la crisi. Li aspettiamo perchè vedano direttamente quello che noi ed i dipendenti vediamo tutti i giorni da mesi".
"Gli imprenditori seri credono nelle loro aziende e ci investono. In questo periodo il patrimonio dei singoli imprenditori è dato a garanzia delle aziende. Non sono i piccoli e medi imprenditori che hanno portato all’estero miliardi di euro e che usufruiscono dello scudo fiscale; non è possibile che ancora oggi con la tempesta finanziaria ancora in atto, siano favoriti gli impieghi in investimenti finanziari rispetto agli investimenti in aziende".
Federico Maccadanza
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