lunedì 24 maggio 2010

Dal Corriere della Sera

Intercettazioni, appello della Gabanelli

«Se non siete d'accordo, fatevi sentire»

PRIMA DI REPORT

Intercettazioni, appello della Gabanelli

«Se non siete d'accordo, fatevi sentire»

MILANO - «Se non siete d'accordo con questo provvedimento, fatevi sentire nelle sedi competenti perché presto sarà legge». Si è concluso così un breve appello lanciato da Milena Gabanelli, prima della sigla di apertura della puntata di domenica di "Report" su Rai3, in cui la conduttrice ha spiegato le possibili conseguenze del disegno di legge sulle intercettazioni in corso di approvazione da parte del Parlamento: «Se la legge fosse già in vigore, per esempio non sapremmo nulla dello scandalo che riguarda i grandi appalti». La giornalista ha poi ricordato che il provvedimento prevede che gli autori delle registrazioni e delle riprese effettuate senza il consenso dei diretti interessati rischieranno fino a 4 anni di carcere, a meno che non si tratti di giornalisti professionisti. «Distinzione sottile ma di sostanza perché una buona parte dei giornalisti che lavorano nei programmi di inchiesta sono iscritti all'albo dei pubblicisti: non potranno più entrare dentro gli ospedali e documentare come certi medici trattano i pazienti oppure dentro i cantieri dove vengono violate le norme che riguardano la sicurezza sul lavoro». «Siccome un'informazione completa serve a scegliere in libertà e i destinatari di questa informazione siete voi - ha concluso Milena Gabanelli -, valutate, se non siete d'accordo fatevi sentire nelle sedi competenti».

Redazione online

Lettera aperta del presidente dell'Ordine dei Giornalisti Veneto Amadori

Venezia, 23 maggio 2010

Intervento del presidente Gianluca Amadori sul Ddl Alfano




Una Legge vergognosa, che vuole limitare il diritto dei cittadini ad essere informati per proteggere la “casta” dei potenti di turno, e garantire loro l'impunità a cui maggiormente ambiscono: il silenzio dell'informazione.

Sto parlando del Disegno di Legge Alfano, impropriamente conosciuto come Ddl intercettazioni, ma che in realtà non si occupa soltanto di intercettazioni. Il provvedimento in discussione in Commissione Giustizia al Senato prevede, infatti, l'introduzione di pesanti sanzioni economiche per gli editori, nonché sanzioni penali, ammende pecuniarie e sospensione dalla professione per i giornalisti che dovessero avere l'ardire di continuare a fare il proprio “mestiere”: cioè dare notizie ai propri lettori e telespettatori. In particolare si vuole impedire la pubblicazione di tutte le notizie relative ad inchieste penali in corso prima dell'udienza preliminare. Il che significa, nei casi più complessi 4-5 anni e anche di più.

Nel momento in cui scrivo il testo definitivo non è stato ancora approvato integralmente. Ma, al di là di qualche dettaglio in via di definizione, ciò che preoccupa è la “filosofia” che sottende a questa Legge, per approvare la quale i senatori si sono riuniti perfino di notte. L'urgenza non è la crisi economica, le migliaia di aziende che chiudono e i tanti posti di lavoro a rischio, le famiglie che non arrivano a fine mese. L'urgenza per la maggioranza di governo è tappare la bocca ai giornalisti, per impedire loro di continuare a raccontare di ministri che si fanno regalare sontuosi appartamenti; di imprenditori che corrompono pubblici amministratori per aggiudicarsi appalti milionari; di malasanità; di pedofilia e violenze sessuali; di truffe; di scandali nel mondo dell'economia e della finanza, di Calciopoli e dintorni. I cittadini non devono sapere. Devono accontentarsi delle soft news che già oggi “intossicano” i mezzi d'informazione togliendo spazio alle notizie serie, alle inchieste, agli approfondimenti, con la complicità di troppi direttori ed editori che, all'informazione di qualità preferiscono servizi sul matrimonio di qualche velina, oppure sul cappuccino più buono d'Italia (servizio a cui il Tg1 delle ore 20 ha dedicato ampio spazio), sicuramente meno scomodi...

La “casta” al potere vuole che i cittadini vivano nella completa ignoranza per poter continuare a fare i propri comodi; vuole far credere loro che va tutto bene. E continua a prenderli in giro dichiarando che con questa Legge si vuole solo tutelare la privacy. Senza precisare che la privacy da tutelare è quella di personaggi pubblici i quali, al contrario, dobrebbero garantire la massima trasparenza sul loro operato. Intendiamoci: noi giornalisti abbiamo ecceduto pubblicando qualche intercettazione di troppo; coinvolgendo nelle cronache persone per la quali non vi era interesse pubblico. E su questo dobbiamo fare autocritica e impegnarci affinché ciò non accada più. Ma ciò non giustifica la censura che ora si vorrebbe imporre. E non si tratta di difendere un privilegio dei giornalisti: in ballo c'è un pezzo di democrazia. Nei casi più complessi l'udienza preliminare arriva dopo anni: silenziare le cronache fino a quel momento, significherà non poter sapere più nulla, o quasi. Delle indagini su Ustica, ad esempio, gli italiani sarebbero completamente all'oscuro con la nuova Legge, così come su tutte le altre stragi che hanno insanguinato l'Italia. Ma anche su terroristi e mafiosi. I cittadini non avrebbero saputo nulla sulla clinica degli orrori, sui crac Cirio e Parmalat, sulle maestre di Rignano, e neppure sul delitto di Jennifer, su Pietro Maso, sulle morti per amianto, sugli incidenti sul lavoro, soltanto per fare alcuni esempi. Se passerà la nuova Legge si potrà continuare a scrivere soltanto degli sbarchi di poveri clandestini... Anzi, peggio. I potenti potranno decidere di utilizzare gli atti delle inchieste e le intercettazioni per attaccare gli avversari: grazie ai ricchi patrimoni di cui dispongono, infatti, non avranno difficoltà ad accollarsi l'onere delle sanzioni previste. Gli oltre sessanta giornalisti che siedono in Parlamento dovranno spiegare ai cittadini (e ai colleghi) il loro eventuale avallo a questa norma che vuole ridurre il diritto di cronaca; e come il loro voto possa conciliarsi con i principi e i valori del giornalismo e della libertà di stampa.

I giornalisti si opporranno a questa Legge liberticida con tutte le iniziative possibili, anche scendendo in sciopero. Ma tutta la società civile dovrebbe indignarsi di fronte a questo modo vergognoso in cui i cittadini vengono trattati dal potere. Ricordando anche quanto prevede l'articolo 54 della Costituzione, il quale stabilisce per chi ricopre funzioni pubbliche il dovere di adempierle con disciplina ed onore. Dovere che in troppi tra politici e amministratori sembrano aver dimenticato.

Gianluca Amadori

mercoledì 5 maggio 2010

La carota finanziaria e il pericolo di precedente...

Dal Corriere della Sera

Salvare Atene? Non funzionerà
Ciascuno risponda dei propri errori

Il commento

GRECIA

Salvare Atene? Non funzionerà
Ciascuno risponda dei propri errori

Il commento

Il sole ha brillato per 24 ore dopo l’annuncio del piano definitivo-definitivo per «salvare la Grecia» e prevenire il contagio. Non male. Molti di noi erano scettici già domenica, quando il piano è emerso, e molti si sono preoccupati ancora di più quando la Bce ha comunicato che avrebbe assorbito qualunque quantità di titoli greci le banche volessero presentare in garanzia nelle operazioni di pronto contro termine. Se servono 110 miliardi per tirar fuori la Grecia dai guai, quanto servirà per la Spagna? E per il Portogallo? E per l’Italia? E per tutti gli altri? Se la Germania inizia a indebitarsi per salvare uno a uno tutti i Paesi della zona-euro, anche lei fallirà. Così non può funzionare e i mercati lo capiscono, ma i responsabili politici non sembrano affatto capire i mercati. Questi ultimi, simultaneamente, sono preda del panico e speculano per guadagnare. Chiunque abbia bond spagnoli ha buone ragioni per il panico e chi non li ha può realizzare grandi profitti puntando sulla loro caduta.

Coloro che dettero vita al Trattato di Maastricht quasi 20 anni fa lo avevano capito. Videro che uno Stato con le finanze in dissesto avrebbe chiesto aiuto e, con ammirevole lungimiranza, temettero che altri Paesi avrebbero risposto favorevolmente. Il loro timore era che ciò avrebbe incoraggiato ulteriore indisciplina di bilancio e che alla fine la Bce si sarebbe sentita obbligata a assorbire i debiti: è così che sono nate anche le fasi di iperinflazione. Quindi i fondatori di Maastricht hanno inventato la regola contro i salvataggi, che è stata violata dai governi lo scorso week-end e lunedì dalla Bce. Ed eccoci qua, davanti all’abisso. L’unione monetaria è minacciata. Molti commentatori ritengono che ciò riveli un errore di concezione e i responsabili di politica economica promettono già la linea dura sul Patto di stabilità. Sarebbe stato meglio adottare un vero assetto federale, con veri trasferimenti di sovranità nell’autorità di bilancio, ma politicamente non è stato possibile. Tuttora non lo è, dunque rendere più duro il Patto di stabilità non ci porterà da nessuna parte: nessuno può dire a un governo e al suo parlamento cosa fare. L’unica possibilità è dire a un governo che la sua sovranità implica che esso è il solo responsabile per le conseguenze delle sue azioni. Questo sarebbe perfettamente coerente e dunque non c’è nessun errore di concezione nel sistema. A meno che non vogliamo accettare il principio che la violazione della regola contro i salvataggi è un’implicita componente dell’accordo.

Charles Wyplosz,
The Graduate Institute, Ginevra

martedì 4 maggio 2010

Vinitaly "tra le righe"

Eccoci qui cari lettori del Piave a raccontarvi il Vinitaly "tra le righe"; già perchè Vinitaly non significa solo numeri, contratti, vino e pubblicità. Il servizio che la redazione di Verona ha svolto alla famosissima fiera internazionale del vino vuole essere una telecamera nascosta, un occhio, un orecchio che racconta la storia nascosta, quella che non appare sui giornali perchè genuina e diretta. Si tratta semplicemente della nostra esperienza, del racconto della nostra giornata trascorsa tra gli stands nei padiglioni di Veronafiere.

La nostra giornata inizia con l'arrivo a Veronafiere. Scongiurato il temuto serpentone di automobili, riusciamo a malapena a trovare parcheggio. 100.000 posti auto terminati in poche ore e chi arriva in ritardo parcheggia dove può accendendo qualche polemica tra residenti e Comune. Dopo l’accredito all’ufficio stampa e l’ingresso attraverso un buio corridoio che ricorda un po’ il tunnel sotterraneo che collegava Berlino est a Berlino Ovest, ci dirigiamo verso la sala stampa per ritirare la nostra cartella con tutti gli appuntamenti riservati ai giornalisti (tranne quello inerente alle prospettive del mercato del vino con il Presidente Napolitano riservato ai soli giornalisti invitati dalla prefettura, ufficiali, questori, vice questori, vice questori aggiunti, ai prefetti, ai viceprefetti, onorevoli ed a tutte le autorità particolarmente interessate all’argomento del convegno).

Finalmente possiamo iniziare il nostro servizio. Restiamo piacevolmente sorpresi dalla varietà di visitatori; la maggior parte, rigorosamente in giacca e cravatta, fanno da contorno a quei pochi che hanno preferito il comodo anche se poco elegante abbinamento maglietta-pantaloncino corto. Il Vinitaly è un avvenimento prettamente commerciale (è una fiera durante la quale si stipulano contratti di fornitura e si conoscono nuovi vini per la vendita alle attività commerciali) tuttavia, nonostante l’eleganza e le apparenti pose da veri “buyers”, è facile riconoscere chi è venuto per lavoro e chi per passare un’allegra giornata. Personalmente credo di aver reso quest’ultima idea allo stand della Cantina di Soave dove, dopo essermi presentato come inviato del “Piave” e aver chiesto una cartella stampa per il mio servizio, mi è stato risposto un secco “solo operatori”.

Per nulla scoraggiati dal nostro deludente inizio, proseguiamo la nostra visita; ci ha fatto particolarmente piacere la disponibilità dell’azienda agricola F.lli. “Tedeschi” di Pedemonte di Valpolicella e della responsabile marketing Maria Sabrina Tedeschi che, nonostante non fossimo giornalisti di settore, ci ha aiutato a capire il funzionamento del marketing, della produzione e della maturazione del vino.

Vinitaly non significa solo singole aziende; la Camera di Commercio di Messina in collaborazione con la Provincia di Messina, l’Onav (Organizzazione nazionale Assaggiatori di Vino), il progetto Strade del Vino della Provincia di Messina e il consorzio del vino Faro hanno organizzato, in seno alla Fiera, uno stand condiviso per tutte quelle aziende che, per motivi economici, non hanno avuto la possibilità di partecipare affittando un singolo e costoso stand per produttore. L’interessante iniziativa è molto simile alle “joint venture” locali con le quali più produttori si uniscono e dividono tra loro le spese per il marketing a dimostrazione del fatto che, come ricordava un piccolo produttore piemontese con il quale abbiamo familiarizzato, “il vino può essere buono… ma se non lo sai pubblicizzare non sarà mai ottimo”.

Ma quanto pesa il marketing sul consumo del vino? Con questa domanda lasciamo il Vinitaly tra la gente che affolla i cancelli in uscita.