domenica 10 maggio 2009

VINITALY 2009: un’altra storia d’amore a Verona

L’edizione 2009 del Vinitaly si è conclusa con cifre da record: 4.200 espositori, 45.000 operatori provenienti da 110 paesi di tutto il mondo, 150.000 visitatori, 2.400 giornalisti. Sembrano stupiti gli stessi organizzatori della 43^ fiera internazionale del prodotto che ha reso così famose le nostre terre nel mondo intero. In un momento così difficile ci si aspettava un drastico calo delle presenze e delle vendite; la crisi internazionale ha ridotto gli ordini esteri ed alcuni espositori non ne hanno fatto segreto con i propri clienti e giornalisti. Passeggiando tra i vari stands ho conosciuto alcuni piccoli produttori che, per alleviare i costi commerciali, si sono uniti in piccole associazioni. La leggera flessione delle vendite non ha tuttavia intaccato l’amore che accompagna da sempre la produzione del vino italiano; l’eccellenza raggiunta, il frutto di anni di sacrifici, è confermata e rafforzata dai dati registrati da Veronafiere sull’affluenza. Percorrere e visitare 91 chilometri quadrati di spazio dedicato all’esposizione è cosa assai difficile; ma sta nel provare e nel voler conoscere l’essenza dello stesso Vinitaly. Personalmente sono stato piacevolmente sorpreso nel constatare l’elevata presenza di vini autoctoni prodotti solo ed esclusivamente in determinate zone del belpaese; è il caso del Vespolino piemontese e del Latinia sardo, del famoso Passito di Pantelleria e del Langhe Nebbiolo.
Per quel che concerne il mercato, abbiamo registrato le testimonianze dei vari espositori i quali, nonostante il momento di flessione,assicurano in molti casi un aumento delle possibilità di vendita in Paesi ritenuti off-limits fino a poco tempo fa.
Per Sandro Boscaini, presidente di Masi - «Vinitaly è andato bene soprattutto perché era evidente l’entusiasmo e la voglia di superare la crisi, che va monitorata ma di cui, oggi, conosciamo il perimetro. Per questo la situazione non è drammatica e non dobbiamo spaventarci. Certo abbiamo rilevato un calo di presenze di operatori provenienti dall’area della crisi (Usa, Inghilterra, Germania e Giappone), ma il nostro settore ne esce bene. Gli ultimi tre anni – fa un’analisi Boscaini - sono stati imperiali per il business del vino per cui un ridimensionamento era nell’aria, ma l’entusiasmo di questo Vinitaly è un segnale che se ne può uscire e anche bene. In questi ultimi anni abbiamo vissuto sull’orlo del lusso di largo consumo. Ora i consumatori cominciano a dire ‘vorrei ma non posso’, mentre il vino resiste: un lusso di fronte al quale si può dire ‘vorrei e posso’».
«Sono proprio i momenti difficili che mettono alla prova le nostre convinzioni e i nostri valori – ha detto Vittorio Moretti, patron di Bellavista, Contadi Castaldi e Petra (Gruppo Moretti) – e dobbiamo avere l’audacia di andare avanti credendo nel progresso e nella crescita del settore vitivinicolo».
«La perfetta macchina organizzativa di Vinitaly – ha detto Gianluca Bisol, direttore generale dell’azienda Bisol - è riuscita a stupirci un’altra volta: mai avremmo pensato quest’anno di incontrare un pubblico professionale così numeroso, con grande interesse dall’estero sia da parte dei mercati storici, quali Usa, Europa e Sud America, ma soprattutto da Cina, Russia e Corea del Sud».
«Vinitaly non ha il potere di cancellare la crisi generale – ha detto Fausto Peratoner, amministratore delegato della cantina La Vis -, nonostante questo c’è un forte segnale positivo per il futuro del vino: dagli Usa al Nord Europa, ai Paesi dell’Est, all’asia; i buyers di questi Paesi li abbiamo incontrati in fiera».
Ottimismo e perseveranza sono le parole chiave di grandi e piccoli produttori; li ritroveremo tutti alla prossima edizione di quella storia d’amore che italiani e stranieri chiamano Vinitaly.

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