Ore 00: 04. Il treno che arriva da Milano si ferma lungo la banchina del binario. Scendo. Mi avvio verso il parcheggio; ad un tratto un uomo ed una donna iniziano a muoversi verso di me. Io li guardo con un pizzico di incertezza. Accelerano il passo, mi sorpassano e bloccano un ragazzo dell’est appena sceso dal mio stesso treno: “Polizia, ha un documento?”.
Molte volte il giornalista raccoglie i dati, li vaglia, ne verifica l’attendibilità e da questi costruisce l’analisi. In questo caso sono stato fortunato; la materia dell’articolo si è plasmata sotto i miei occhi. Da tempo
Il Comune di certo non può legiferare su una materia competente allo Stato centrale e quindi si attrezza con accordi e politiche pubbliche finalizzate a ridurre il senso di disagio tra la cittadinanza.
Nell’ottica della sicurezza, il Comune, diventa un agente che dovrebbe incidere in modo significativo essendo il primo soggetto giuridico ad avere la coscienza completa del problema e la prima autorità a ricevere un “feedback” positivo o negativo sulla gestione dello stesso.
La figura del sindaco deve avere maggior autonomia nella gestione delle problematiche cittadine; deve essere dotato di maggiori poteri per contrastare il fenomeno dell’illegalità.
Il concetto della maggior autonomia non è stato espresso solo da Flavio Tosi ma anche da Zanonato (Padova) e Cacciari (Venezia) appartenenti al Centrosinistra a dimostrazione che i capisaldi della sicurezza e della legalità non sono una fantasia populista di una fazione politica.
L’aumento delle forze dell’ordine può essere un valido deterrente nella prevenzione degli atti criminosi, ma non potrà mai risolvere il problema.
Lo Stato centrale non deve provvedere solamente dispiegando più uomini e mezzi.
Occorre rendere effettivo e certo un sistema penale che, ahimè, si regge sulla “condizionale”, sulla “buona condotta” e sulla “attenuante”.
F.M. articolo pubblicato sul "il Piave"
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